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Small data: dal caso Lego al report dinamico

small data e big data

Con i numeri possiamo sapere molte cose dei consumatori: i gusti, il tipo di stile di vita, le abitudini di consumo e cosa cercano. Sono i big data a dircelo, quella mole di cifre che se elaborate e rilette con intelligenza permettono di acquisire un approccio razionale al mercato di riferimento. I big data mostrano il flusso di cosa fanno, cosa desiderano e cosa comprano i consumatori. Ma per sapere il perché di tutto questo dobbiamo rivolgerci agli small data.

Cosa sono gli small data?

I big data forniscono informazioni quantitative sul target di riferimento ma tralasciano quelle qualitative, non colgono cioè quella parte di piccoli indizi che influenza, se non addirittura determina, la fase di acquisto e che non può essere tradotta in numeri. Desideri, esigenze familiari, motivazioni personali, fattori contingenti legati a un determinato periodo stanno alla base delle scelte dei consumatori quando acquistano un prodotto piuttosto che un altro: questi non sono big data ma small data.

Non sempre i big data dicono tutto: il caso Lego

L’analisi degli small data ha portato alla rinascita una nota azienda: la Lego. Come molti sapranno, nel 2002 la Lego non versava in buone acque. I mattoncini si vendevano sempre meno e, data la situazione, i manager dell’azienda hanno deciso di interrogare i big data. Stando alle cifre, le nuove generazioni preferivano i giochi digitali perché più veloci e quindi in grado di dare gratificazioni immediate.

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Per questo motivo i vertici della Lego hanno preso una decisione epocale: aumentare la grandezza dei mattoncini pensando che in questo modo le costruzioni sarebbero diventate più veloci da fare e quindi più gratificanti per i bambini dell’era digitale.

La risposta del mercato è stata però uno shock: la decisione ha generato l’effetto opposto rispetto a quanto sperato e verso la fine del 2003 la Lego ha dovuto incassare notevoli perdite.

La svolta degli small data

La svolta è avvenuta quando alcuni manager hanno visitato i piccoli consumatori. In Germania per esempio, il team della Lego ha chiesto a un ragazzino tedesco di 11 anni quale fosse la cosa a cui teneva di più. Il bambino ha affermato che il suo vanto erano un paio di sneakers logore perché erano la dimostrazione della sua bravura sullo skateboard. Un lato delle scarpe infatti era completamente consumato e ciò mostrava agli amici la sua capacità di inclinarsi con un angolo perfetto.

Grazie a questa chiacchierata, il team della Lego capisce che il concetto di gratificazione delle nuove generazioni non è legato tanto alla velocità nel fare un’attività ma alla motivazione e alla passione personale nell’eseguirla, qualcosa che non può essere spiegato a numeri. I bambini di oggi non sono diversi da quelli di ieri: sono disposti a spendere del tempo in ciò che amano fare, solo bisogna dar loro tutti gli strumenti necessari.

La Lego apprende la lezione degli small data e intuisce che la soluzione non è fare i mattoncini più grandi. Semplicemente le singole scatole devono contenere più mattoncini per dare tutti i pezzi necessari a finire un castello o sottomarino.

Grazie a questa analisi qualitativa, la Lego oggi è tornata a essere il più grande produttore di giocattoli nel mondo.

Come cogliere gli small data? La soluzione Free-Way

Per cogliere tutti i giorni quel lato qualitativo che guida le scelte dei consumatori è necessario parlare con loro. A tal fine Free-Way ha scelto di implementare e aggiornare il sistema di reportistica di Promoternet.

Le aziende entrano in contatto tutti i giorni con i propri consumatori nel momento della vendita. Per instaurare un dialogo con i clienti durante le campagne in store e ottenere small data, i brand possono avvalersi del personale di agenzia addetto alla promozione.

 

il report dinamico che consente di ottenere small data

Promoternet da sempre permette una raccolta dati che fornisce informazioni quantitative, i big data appunto, sui consumatori. Compilando il report giornaliero, i promoter inseriscono informazioni sul target di riferimento del brand come abitudini, profilo e in generale il cosa preferiscono acquistare.

Oggi il sistema di reportistica diventa ancora più preciso e puntuale permettendo di ottenere sia big che small data. Come spiega Camilla Magni, Senior Account Free-Way, il Brand cliente può decidere che informazioni avere dal report scegliendo i campi di compilazione di suo interesse: non solo dati sul venduto e informazioni traducibili in numeri, ma anche quelle motivazioni personali che stanno alla base delle scelte di acquisto fatte dai consumatori.

«Prima dell’inizio delle singole attività giornaliere, gli staff di promoter vengono messi a conoscenza delle informazioni che il brand richiede grazie al brief fatto loro e alla possibilità di visualizzare in anteprima su promoternet.it il report digitale da compilare. – spiega Camilla – Se il brand vuole sapere anche perché un prodotto viene acquistato, il promoter instaura un dialogo con il consumatore per poter cogliere aspetti particolari delle sue motivazioni».

Non solo per il consumer, gli small data sono anche per il trade

Gli small data possono essere utili anche per analizzare il canale trade. Spesso quello che spinge retail e catene a fare entrare un determinato tipo di prodotti in store riguarda aspetti che i numeri non possono mostrare. Anche in questo caso la possibilità di avere l’occhio vigile dei promoter su territorio permette di cogliere in tempo reale le esigenze particolari che spingono il sell in: cosa vogliono vendere i punti vendita e perché?

Un report dinamico per ogni esigenza

Come afferma Camilla, il nuovo report è “dinamico”. Sperimentato da Free-Way all’inizio del 2016 e implementato totalmente nel settembre dello stesso anno, il report consente al brand di ottenere informazioni quantitative e qualitative quando e quanto vuole perché facilmente personalizzabile.

I report compilati giornalmente dai promoter possono essere visionati in ogni momento dal brand accedendo all’area utente dedicata. Periodicamente, secondo cadenza concordata, vengono accompagnati da analisi ampie e dettagliate in grado di dare una lettura completa su punti di forza e di debolezza riscontrati nella campagna in store.

«Quello che il report aggiunge è proprio la possibilità per il brand di cogliere le sfumature diverse che intervengono sia nel sell out che nel sell in nelle diverse aree geografiche grazie ai campi a risposta aperta – spiega Camilla – Prendiamo ad esempio il settore farmacia e parafarmacia: la possibilità di personalizzare i report permette di sapere cosa determina nel sell in la scelta di un particolare prodotto nello specifico punto vendita, di quella determinata area geografica, in quel determinato periodo. Così come nel sell out: spesso è la territorialità a condizionare i desideri di acquisto delle persone. Consumatori della stessa età, con stesse abitudini e stesso livello di istruzione e benessere possono avere desideri differenti in base alle stagionalità e alle contingenze delle aree geografiche».

Cosa e perché dunque: analizzare le spinte motivazionali dei consumatori non è semplice ma, come il caso Lego insegna, è con i consumatori che bisogna parlare e questo è il punto di forza degli small data.

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