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Super retail o il retail che (già) ci aspetta

super retail

Oggi le aspettative delle persone-consumatori corrono più veloci dell’evoluzione stessa del retail. I retailer, ma anche i grandi marchi che stanno nel Normal Trade, GDS e GDO, a volte si trovano indietro rispetto all’aspettativa di fluidità del consumatore, cioè quel ritrovare le stesse modalità di acquisto dell’online anche nell’offline.

Il grande errore è pensare che aggiungere la tecnologia digitale e non integrare la mentalità dell’eCommerce sia sufficiente per essere al passo con i tempi – dei consumatori ovviamente. Non basta un pizzico di tecnologia per innovare, qua si parla di trasformazione culturale ormai. Il retail che ci aspetta è un super retail. 

Dalla Retail Apocalypse ai super retail

In questi giorni si registrano le ultime corse ai regali, i negozi sono pieni e i consumi sono fiorenti. Il 2017 però è stato per molti l’anno nero del retail, tanto che si è parlato di Retail Apocalypse. Ma se molti hanno chiuso, nuovi protagonisti hanno aperto, trend che si conferma anche nel 2018. La differenza fra i primi e i secondi sta nel cambiamento culturale, nel nuovo modo di intendere il punto vendita fisico.

La nuova era del retail è fatta di vicinanza alle persone come le persone si aspettano. Si esce dalla dinamica consumatore-prodotto o shopper-store e si entra in quella di uomo-microcosmo.

Il cambiamento radicale in atto nel mondo dello shopping fisico è nato dall’avvento dirompente del digitale. Sì è vero, l’eCommerce ha cambiato l’abitudine di consumo e di spesa. Dopo tanti anni di eShopping però non ci sono più scuse per il mondo fisico né lacrime da versare.

Chi ha compreso il cambio di mentalità del consumatore ha costruito una nuova identità dello store fisico e ne ha rinnovato la destinazione d’uso: non più solo luogo di vendita ma anche di interazione, informazione, formazione ed esperienza.

I super retail sono figli dei super brand. Quello che è emerso negli ultimi anni infatti è l’interessante ruolo che le marche giocano nella vita delle persone. In un tempo in cui si declinano frasi come “non ci sono più i valori di una volta” oppure “viviamo in una società svuotata di ideali”, i brand acquisiscono il ruolo di portatori di valori per le persone. E questi valori soddisfano nuovi obiettivi.

Non è un caso che il brand che stimola più fiducia negli italiani, ma anche all’estero, sia proprio Amazon: come un super eroe risponde all’esigenza delle persone di semplificare l’acquisto, avere subito qualcosa, in modo semplice ed efficace, con un click. Non stupisce che proprio negli ultimi mesi Amazon stia lavorando molto sul canale fisico: apre punti vendita, compra catene di supermercati (Whole Foods), installa pop up store temporanei nelle grandi città. Da super brand a super retail quindi, il nuovo super eroe delle persone. E le persone di Amazon ne sono soddisfatte e perciò si fidano.

Quello che Amazon ha capito è come avvicinarsi alle aspettative del consumatore, aspettative che lo stesso colosso dell’eCommerce ha contribuito a creare negli anni: click&buy, velocità, personalizzazione dell’esperienza di acquisto. Quello che mancava ad Amazon – e che ora cerca di colmare – era la vicinanza emotiva e fisica alle persone. Non è un caso che la campagna pubblicitaria del noto marchio, andata in onda del 2017, sia proprio uno storytelling costruito con le recensioni delle persone sui prodotti, quindi con il punto di vista umano del consumatore. Amazon è allora il super eroe che ha permesso a una bambina mancina, grazie a un nuovo paio di forbici, di non sentirsi diversa a scuola o ha fatto sì che un aitante pensionato potesse sentirsi ancora giovane con il suo carrello per la spesa.

Come creare un super retail o una super esperienza in store?

Facile per l’asso piglia tutto del web innovare e investire in nuove dinamiche offline e in nuovi racconti, direte voi.

Nel suo speech “What’s new and what matters” nell’ultimo convegno RETAIL 4.0: il presente che (non) ci aspetta di Retail Institute, John Ryan, store editor di Retail Week, ha sottolineato che la novità nel mondo retail è che oggi vincono quelle marche che si fanno più piccole e più cozy, quelle che uniscono shopping e cibo, personalizzano e creano eventi esclusivi. Il digitale è un di cui che si integra fino a confondersi nel negozio.

Ovvio è che ormai non è più pensabile vendere senza avere anche un canale online. Ma la modernità di un negozio fisico o di un brand è molto più del semplice avere un eCommerce.

Il retail che già ci aspetta è l’unione di ciò che online non si trova unito alle potenzialità del fisico: velocità nel comprare e personalizzare, efficienza di risposte sul prodotto ed esperienza, soprattutto esperienza. Ed è qui che la tecnologia si integra con app, totem e postazioni tablet che permettono tutte quelle azioni che si possono fare anche a casa quando si fa eShopping.

Succede dunque che brand come Ikea, o catene come Target e Whalmart all’estero, si fanno piccoli e “prendono casa” nel centro città, magari proprio vicino a quelle zone rocca forti dei millenials. Infatti anche se il target principale del Bel Paese è costituito soprattutto dagli over 60/55 per questioni anagrafiche, i millennials vanno a completare il target generale dei consumatori e influenzano con il proprio stile di vita iper-connesso i senior, ormai addected all’online.

Quando si parla di super retail che creano esperienza non si può non citare H&M a Londra, che apre il suo primo Cafè o introduce nei nuovi concept store, gli H&M Take Care, servizi Repare&Remake dove è possibile farsi rammendare i vestiti gratis e imparare anche a farlo.

Oppure non si può non parlare dell’italianissima Fabriano che trasforma i punti vendita in Boutique in cui è possibile seguire corsi di Origami o Quilling – sempre sold out come ha sottolineato Claudio Dall’Era, General Manager di Fabriano al convegno di Retail Institute sopra citato.

Queste esperienze non sono possibili online: esse fanno vivere prodotto e marchio fuori dallo schema classico della vendita, trasmettono una sfera di valori attuali e sostenibili come la bellezza del passare il tempo con attività manuali, la possibilità di creare qualcosa o di imparare a riparare un indumento, esperienze che sono il vero lusso del mondo moderno. Questi negozi si fanno super eroi, che con i loro grandi poteri si prendono a carico la grande responsabilità di rendere la vita delle persone più piacevole, almeno in un negozio.  

Dove una volta si vendeva e basta oggi abbiamo luoghi di aggregazione e microcosmi, posti dove le persone non devono andare ma vogliono andare per passare del tempo e scegliere se, quando, come e cosa comprare

Il discorso vale anche per brand e agenzie di marketing operativo. 
Se i negozi a marchio si fanno piccoli e cercano spazio nelle città o creano seminari, nelle GDS e GDO le aree espositive brandizzate devono essere vere isole esperienziali. I lanci di prodotto devono trasformarsi in eventi esclusivi. Prezzi e merce devono essere esposti con cura e precisione, sempre disponibile alle persone e con enorme attenzione al risultato estetico finale. Le in store promotion non devono interrompere ma coinvolgere le persone. I concorsi devono essere l’espressione della fedeltà del marchio al consumatore e non viceversa e la fedeltà non è data solo dal premio ricevuto ma anche dalla semplicità con cui il consumatore vi accede: semplice e con un click. 

Badate bene: non è solo un cambiamento di registro linguistico, un chiamare le cose con un nome diverso, è piuttosto la capacità di saper leggere e interpretare il presente, senza chiudersi nei vecchi schemi.

Come ogni innovazione culturale anche quella del retail nasce dalla memoria. Pensiamo infatti a quando, nelle vecchie boutique, il commesso o responsabile di negozio conosceva tutto della propria clientela e quindi sapeva come fare up selling e cross selling in base ai gusti, non tanto perché la clientela glieli aveva condivisi su un questionario ma semplicemente perché si conosceva la persona al di là del consumatore.

E se ci pensiamo bene il digitale, oltre alla velocità e alla comodità del comprare, ha dato qualcosa che forse negli ultimi 10 anni era venuto a mancare nel punto vendita “moderno”: il creare un’esperienza di acquisto personalizzata in base ai gusti delle persone (dettati in questo caso dalla storicità di acquisti). Quindi alla fine è il digitale che ha compreso il fisico molto meglio di quanto il fisico abbia saputo fare.

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