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Retail: i 3 asset del lusso per portare i Millennials in store

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Siamo nel Rinascimento del retail e il settore lusso fa strada sulle strategie da intraprendere per un retail in grado di attrarre le nuove generazioni di consumatori.

I Millennials sono la generazione che ha invertito l’universo: prima il digitale poi il reale. Per questa generazione il negozio fisico non è scontato come per i più adulti: se rimane un luogo finalizzato semplicemente all’acquisto i Millennials non lo vedono fondamentale, per comprare esiste anche l’e-commerce infatti.

Il retail allora deve trovare una nuova identità. Lo store di oggi deve essere un media comunicativo: deve attrarre e trasmettere il sistema valoriale del Brand, un’idea di mondo. L’acquisto altro non è che un di cui di un’esperienza piacevole vissuta in negozio, che fa sentire il consumatore appagato e gratificato.

Come afferma Andrea Della Valle, vice-presidente e AD della società Tod’s, il negozio non può sparire dalle città: al suo posto cosa ci sarebbe? Ma perché viva e non solo sopravviva è necessario attuare anche qui un’inversione di tendenza che porti i Millennials al suo interno.

Della Valle spiega che la nuova strategia per i marchi della società sarà basata su tre pilastri: format dello store, formazione del personale e digitale. Tre asset che qualsiasi settore può fare propri, soprattutto GDS e GDO, e che sottolineano come non è solo la tecnologia che attira le nuove generazioni ma è ancor di più la qualità dell’esperienza in store.

“Nulla può sostituire il piacere e il divertimento di provare una scarpa o guardarsi in uno specchio con una delle nostre borse o capispalla”

(Della Valle su MF Fashion)

Format: un ambiente in armonia

L’ambiente deve essere luminoso e accogliente, deve invitare le persone a entrare e a vivere il luogo. L’esposizione di prodotto fa la differenza: più che mettere a disposizione tanti prodotti è necessario esporli bene, senza che la persona venga sopraffatta dal marchio. Al contrario, il prodotto deve convivere in armonia con l’esperienza di acquisto del consumatore.

Se trasportiamo questo concetto nelle GDS e GDO e usciamo dal lusso, si intuisce come l’armonia di pesi, colori e massificazione del prodotto debba essere riprogettata. Come afferma Karin Zaghi, professoressa alla SDA Bocconi di Milano, questi progetti devono essere pensati per il luogo in cui devono essere implementati partendo dal luogo stesso: senza la conoscenza attenta del retail da parte del Brand o senza un’agenzia di field marketing in grado di avere un presidio attento del territorio, il progetto di visual merchandising rischia di essere una bella idea difficile da concretizzare.

Formazione del personale “continua e su misura”

Le persone fanno la differenza: come trasmettere un’identità sempre viva e attuale al consumatore se non si ha personale addetto alla vendita fidelizzato, competente e appassionato? Oltre che iniziale la formazione deve essere continua e su misura, afferma Della Valle, per non abbandonare al loro destino coloro che per primi raccontano il prodotto alle persone.

Chiaro quindi come nelle GDS e GDO questo sia ancora più fondamentale. Come abbiamo già affermato in Perché il promoter fa veramente la differenza? in questi luoghi c’è grande competitività di prodotto e avere personale dedicato, formato e preparato può veramente spostare l’interesse delle persone sul proprio prodotto.

Per coltivare vero attaccamento al Brand è necessario continuare il processo formativo perché il personale dedicato si senta parte integrante del progetto, comprenda il proprio ruolo chiave e si fidelizzi. Nel caso di agenzie field questo è un lato fondamentale su cui lavorare perché la fidelizzazione è duplice: da un lato nei confronti del Brand dall’altro nei confronti dell’agenzia stessa.

Come spiegato nella nostra intervista HR a confronto. Intervista doppia a Roberta e Lorenzo, gli strumenti per fidelizzare sono: il team building, dove l’esperienza di un’attività fuori dagli schemi crea legame tra lo staff e l’account che ne è a capo, gli assessment e le formazioni messe a disposizione dal Formatemp, che accrescono nel personale professionalità e quindi sicurezza nello svolgere la propria mansione, e la tipologia contrattuale dell’assunzione.

Digitale: engagement e interacting

Non tanto per finalizzare l’acquisto in store ma per offrire un mezzo di interazione ed engament, un luogo dove raccontare il Brand per convincerli a entrare in store. Così Della Valle vede lo scopo del digitale nel retail e i dati gli danno ragione: l’utilizzo di social media influenza positivamente il business. Le persone preferiscono infatti utilizzare chatbot automatiche o messaggistica su pagine social piuttosto che chiamare o ricevere informazioni via call center. Inoltre, 1 su 4 shopper preferisce commentare o condividere post dei Brand sui social media almeno una volta alla settimana (Rapporto 2018 Consumer Behavior, Rethink Retail).

Digitale significa anche dare la possibilità al consumatore di utilizzare metodi di pagamento smart, che vadano a eliminare il momento noioso della coda in cassa. Tutto il tempo che si trascorre in store deve essere dedicato solo all’interazione con prodotto, personale e Brand.

Insomma, il nuovo retail deve puntare alla qualità perché il consumatore torni nello store fisico e rimanga fedele: la qualità è la strada per incentivare la loyalty nei Millennials.

Leggi anche Fidelizzazione del nuovo consumatore: è tempo di un nuovo linguaggio

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